domenica 19 Maggio 2024,

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Storie popolane di vita vissuta nella Terracina che fu … “Schiappe”

scritto da Redazione
Storie popolane di vita vissuta nella Terracina che fu … “Schiappe”

Nel leggere gli aneddoti che pubblichiamo a qualcuno potrebbe saltare in testa di affermare che questi siano tutti inventati di sana pianta.

Non neghiamo che al fondo di verità “popolare” insito nei riproposti racconti, ci possa anche essere l’aggiunta una buona dose di iperbole.

Peculiarità, del resto, che alligna a meraviglia tra i cromosomi dei terracinesi di ogni epoca.

Pertanto, il lettore non si meravigli se all’interno di una narrazione egli possa leggere:…”In mezzo alla sparatoria, colpito al cuore, si suicidò …”, con tanti saluti alla logica!

E adesso godetevi la prima parte di “Schiappe”: piccoli avvenimenti con annesse esagerazioni popolane della terracina minuscola.

 

Schiappe

(1)

Andrea Fiorini detto Zappelièj

Gran cacciatore … a sentir lui!

Un giorno, andando a caccia, si avvide di uno stormo di gallinelle infrattate dall’altra parte di un pantano.

Vi entrò con decisione e si avvicinò fino al punto che l’acqua “m’arrevàva an canne”.

Le gallinelle se ne avvidero e spiccarono il volo, ma lui non si fece sorprendere; prontamente “me so angenucchiàte” puntò il fucile e pam pam ne fece secche una ventina.

 

Maurizio B.

In casa di Maurizio B. squilla il telefono e lui va a rispondere.

-Pronto. Chi è?

-Maurì, so je.

-Oh, Mà! Che c’è?

-Maurì, che ce sta Elvira?

-Sì, adesso te la passo. Elvira, ti vuole mamma.

Ed Elvira va al telefono.

-Pronto, Mà, buongiorno.

-Che è?

-Ohm Elvì, fa tante avugùrej a Maurìzzej ca ogge è ju complianne.

 

Velia P.

Franco L., amico di famiglia, avendo saputo per caso che Velia stava cucinando delle frittelle le telefonò.

-Pronto, Velia, come stai?

-Oh, Frà, e accome stònghe: sempre de na manèra. Tu stai bbène?

-Non c’è male. Ma che buon profumino che si sente! Cosa sta cuocendo?

-Se sènte, eh Frà? Stònghe a frìgge do fretelle.

-Ma che profuno!

-Eh mbèh, Frà, nen facce mancamente, ma quande cucine je…

 

Ju mallardàre

Umberto Recchia, passando per via del Rio, vede Vincenzo ju Mallardàre (Vincenzo Pacella – che era il custode dei gabinetti pubblici) pallido e macilento, Sorpreso, gli chiede:

-Vincè, che cosa ti è accaduto?

-Zitte, care Umbèrte, che m’enn’accise! Tu saj che je, an vita mèja, l’acqua nen me la so bevuta maj, ma sempe lu vuine. E mbèh, j’atu giorne m’enne sufferte na buttejètta d’aranciata. Manche me la so fernita che so cadute pe tera accome a nu pìcchere e me so resbejàte a ju spedàle e, dopo quatte giorne, so scite stammatina. E ecche accome me so redutte!

 

e.l.

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