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Tipi Terracinesi di oggi … Franco Semente, imprenditore balneare. “Turismo virtuoso cercasi”

scritto da Redazione
Tipi Terracinesi di oggi … Franco Semente, imprenditore balneare. “Turismo virtuoso cercasi”

Qualche settimana fa Franco Semente, storico gestore di uno dei “bagni” più rinomati di Terracina da oltre 40 anni, apprezzando le pubblicazioni dei “Tipi terracinesi”, ci invitava a ricercare l’articolo che oggi presentiamo.

Più che un articolo stampa è uno spaccato crudo della storia del turismo di Terracina e frazioni dedicate del suo territorio.

E’ una narrazione importante, raccontata da un imprenditore che le vicende le ha vissute sulla sua pelle, in tempi favorevoli ma anche in quelli grami. Ed è lo stesso Franco che prova a spiegare nella lunga corrispondenza al giornale “Qui Magazine”  l’involuzione del settore turistico terracinese.

Non abbiamo usato a sproposito il termine involuzione perché a ben ragionare chi si è alternato alla guida della città ha, forse, dormito oltre misura il sonno dei giusti affinchè Terracina si organizzasse per passare oltre la soglia della vocazione turistica.

Da un contesto storico ambientale di prim’ordine, con un mare da far invidia alle più belle località del Lazio e d’Italia, i terracinesi conoscono oggi che il reddito delle attività turistiche, a tutti i livelli operativi, giunge secondo e di molto a quello della produzione e vendita dei prodotti agricoli.

Ed è forse per questa ragione “agricola” che nei bilanci di programmazione il valore zero è quasi sempre comparso nella casella deputata al turismo. Come del resto è zero impegno per il comparto agricolo, che sorregge alla grande il reddito di tante famiglie terracinesi.

E allora, in mancanza di una moderna programmazione turistica, che rifugga dalla vacanza mordi e fuggi e da quella delle seconde e terze case, ci arriva (datato 2012) il racconto di Franco Semente.

Un intervento critico, che volentieri riprendiamo.

 “Turismo virtuoso cercasi”

L’evoluzione della riviera pontina nei racconti di Franco Semente, memoria storica del litorale dal “ponte di comando” de Il Campanile, il suo stabilimento a Porto Badino.
«Era il 1953 ed io avevo 12 anni. Mio padre Erasmo mi aveva da poco intestato una delle cinque cabine per la custodia di ombrelloni e sdraio, che a quei tempi non si affittavano ma venivano portati dai clienti. Si trovavano all’altezza del Piegarello, fu quella la spinta iniziale per la mia avventura di operatore turistico.

Dalle macerie dei bombardamenti emanavano ancora i miasmi putridi della guerra. Io guardavo al futuro. E sognavo…».  I ricordi affiorano nitidi, scorrendo fluidi e senza falle. Franco Semente, operatore turistico “da sempre”, ha 71 anni, è sposato ed ha un figlio che vive a Vicenza. Insieme alla moglie gestisce lo stabilimento balneare “Il Campanile”, con ristorante e bar, nei pressi di Porto Badino a Terracina, e a ragione può essere considerato la memoria storica del litorale terracinese.

Gli anni d’oro della “Belle epoque”
«Mio nonno “Giosuè”, al secolo Giuseppe Perroni, classe 1874 – inizia il suo racconto Franco Semente – è stato il primo bagnino di Terracina ed è a lui che si deve l’apertura del primo stabilimento balneare della città, il “Della Porta”, vicino all’area dove oggi sorge “L’Approdo”. Un gioiello di legno che insieme agli altri stabilimenti sorti subito dopo fu fatto saltare in aria dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale per fortificare l’arenile in vista dello sbarco poi avvenuto ad Anzio. Il “Della Porta” aveva un “gemello”, il “Donati, costruito all’altezza di Viale della Vittoria, con il quale si contendeva il “primato” della costa. Avevano 200 cabine a testa, rigorosamente divise fra uomini e donne. Erano gli anni ‘20-‘30 e Terracina viveva una vera e propria “Belle époque”. La città era la meta privilegiata della nobiltà romana, della “Roma bene”. Erano anni d’oro per il litorale. Pensi che il “Della Porta” aveva una grande pista da ballo in tek affacciata sul mare che la sera mia madre Irma cospargeva di cipria per far scivolare meglio dame e accompagnatori. Al loro arrivo era un tripudio di abiti da sera strepitosi, gioielli e collane d’oro».

Il Fascismo regala Terracina al popolo
«Ma non c’erano solo i nobili – prosegue Franco Semente – Loro avevano casa qui o affittavano i primissimi alloggi riservati a questo uso. Il sabato e la domenica, sempre da Roma che allora non aveva Ostia, grazie ai biglietti regalati dal regime fascista con la ferrovia che collegava la Capitale direttamente a Terracina arrivava il popolo: centinaia di famiglie che con quel tagliando potevano usufruire anche d’ingresso allo stabilimento, ombrellone, sdraio e cabina».

Le rovine della guerra La ripresa e il mitico “Lido” 
«Poi, con la guerra, tutto fu distrutto. Mio padre tornò sulla spiaggia nel 1948 prendendo il posto di mio nonno al Piegarello. Qui, dove finiva Terracina, non potendo più contare sul “Della Porta”, posizionò cinque cabine per la rimessa degli ombrelloni. Nel 1953 una la intestò a me. Subito dopo la fine del conflitto furono costruiti diversi nuovi stabilimenti, ancora solo in legno, e la macchina si rimise lentamente in moto. Su tutti va menzionato il mitico “Lido”, sorto nel 1947 nei pressi di viale della Vittoria. La storia di Terracina cambia. La città era un paradiso: la duna, poi maldestramente distrutta negli anni ‘70 per realizzare il terrapieno della Pontina, arrivava fino all’arenile ed era coperta di vigneti che producevano vini di qualità come il Moscato e il Pansè. Il “Lido” era stupendo, uno dei più belli d’Italia, aveva tre piste da ballo, di cui un’enorme, dove ogni sera si esibivano orchestre famose in tutto il Paese. In breve divenne esso stesso, più che Terracina, l’attrazione principale. La presenza del “Lido” portò un aumento dei villeggianti, che iniziarono a provenire anche da località diverse da Roma soggiornando da maggio a settembre, e un incremento di turismo medio-alto; le piccole strutture balneari esistenti cominciarono ad ampliarsi; l’economia crebbe a ritmi sostenuti e con essa mosse i primi e significativi passi anche l’edilizia. Insomma, possiamo ben dire che la Terracina moderna è nata e si è sviluppata attorno al “Lido” (poi abbattuto nel 1978 perché ritenuto pericoloso in seguito all’erosione della costa)».

1949: lo “sbarco” delle imprese edili romane
«Nel 1949 si verificò un evento decisivo per il futuro sviluppo turistico ed urbanistico di Terracina: un gruppo di ricchi imprenditori romani costituì una società edile che negli anni successivi, sotto la spinta di una domanda pressante e crescente, iniziò a costruire le prime palazzine in viale della Vittoria (anche il papà di Rutelli realizzò due edifici). Alloggi ambiti soprattutto dalle famiglie neo-benestanti di Roma, che nell’immediato dopoguerra avevano scelto Terracina quale luogo di villeggiatura estiva. Ad essa si affiancarono altre imprese edili romane, ma anche locali, che intensificarono la costruzione di alloggi da vendere o affittare per far fronte alla domanda sempre più forte procedendo a passi spediti verso il turismo “di massa”. Erano gli albori dell’industria turistica terracinese, la città iniziava ad acquisire l’attuale volto di centro turistico-residenziale “di massa”, con prevalenza di case di proprietà dei villeggianti e di ville e appartamenti dei terracinesi concessi in affitto, ma con la quasi totale assenza di alberghi (e fra poco spiegheremo il perché). Poi si sono progressivamente aggiunti i “giornalieri” con le “invasioni” domenicali odierne che tutti conosciamo».

Anni ‘50: arrivano i camion dei ciociari
«Negli anni ‘50 io muovevo i primi passi nel settore. I miei occhi registravano tutti i mutamenti. Ma un’immagine più delle altre mi è rimasta impressa: l’arrivo dalla provincia di Frosinone, il sabato e la domenica, di decine di camion che portavano i ciociari al mare. Erano centinaia. Tutti popolani e per molti era la prima volta. Ognuno aveva con sé il “fagotto” pieno zeppo di cibi e pietanze. Gli stessi “fagotti” che oggi, per colpa della crisi, sono tornati sulle spiagge mettendo in crisi la ristorazione. A trasportarli erano le ditte di Zeppieri, Cialone, Fiorletta e Polsinelli, che ancora non avevano i pullman. Gli altri, i ciociari benestanti, i camion non li usavano ma, come i loro “colleghi di ceto”, soggiornavano qui».

Le antesignane di “Miss maglietta bagnata”
«A tutti mio padre affittava i costumi di lana. Che non pochi problemi creavano alle pudiche ragazze e donne. Tante, infatti, per la vergogna preferivano restare in sottoveste. Senza comprendere che al contatto con l’acqua, per la nostra gioia di adolescenti, quei capi producevano un effetto trasparenza non voluto lasciando intravedere le loro grazie ben più dei ripudiati costumoni di lana che invece coprivano a dovere il corpo fino alle ginocchia. Insomma, senza rendersene conto furono delle antesignane delle odierne e sexy “Miss maglietta bagnata”».

Terracinesi nei garage e case in affitto
«In quegli stessi anni i terracinesi che non avevano seconde case, fiutato l’affare, iniziarono ad affittare le loro dimore riparando per i mesi estivi in garage e cantine. Un fenomeno andato avanti per parecchi anni, fino a che in tantissimi, con i proventi dei canoni, hanno comprato altri appartamenti ed edifici da locare, alimentando sempre più l’industria del turismo di massa».

I primi bar con jukebox e “Agostino a mare”
«Sempre negli anni ‘50 iniziarono ad affermarsi i primi bar. E con essi i primi jukebox. Nel 1955 fu la volta del “Polo Nord” e della “Capannina” (il primo sulla scogliera dove ora c’è Porto Salvo, l’altro – oggi ristorante – a 300 metri, sull’arenile). Noi avevano 15-16 anni ed impazzimmo subito per quelle musiche: I Platters, Paul Anka e la sua Diana, Fast Domino, Louis Prima con Angelina e tanti altri. Periodo fantastico. In cui Terracina divenne una sorta di Cinecittà marina: essendo l’Appia l’unica strada di collegamento fra Roma e Napoli, molte star dell’epoca programmavano la loro sosta per il pranzo o la cena qui da noi. Mangiavano in quel “monumento” della ristorazione chiamato “Agostino a mare”, che, grande baritono qual era, li intratteneva con le sue arie, e poi, specie se era sera, si spostavano alla “Capannina”, molto più chic e rinomata, per ballare e ascoltare buona musica. In questi locali sono passati Fellini, Anita Ekberg, Rossellini, Totò, Onassis, Virna Lisi, lo Scià di Persia, che mangiava allo “Scoglio delle sirene”, e Giulietta Masina con cui ho avuto la fortuna di ballare. Oggi “Agostino a mare” non c’è più, al suo posto è sorto “Il Grappolo d’uva”, e le star si sono dimenticate di Terracina».

Anni ‘80/‘90: esplode l’edilizia residenziale
«Tornando agli aspetti urbanistico-turistici, la connotazione residenziale di massa vive un vero boom negli anni ‘80/‘90. Mentre gli stabilimenti in legno vengono sostituiti da quelli in muratura (e qui nasce la mia “Playa”, esistente ancora oggi), vista l’assenza atavica di scelte in merito, arrivano la bassa speculazione, le lottizzazioni selvagge, lo sfruttamento di ogni area per costruire. Arriva anche la Pontina, che così com’è stata realizzata ci ha rovinato bloccando ogni possibilità di ulteriore e positivo sviluppo, e nasce la Terracina moderna, quella che oggi è sotto i nostri occhi, quantomeno poco disciplinata urbanisticamente  e dal livello medio -basso. Ormai votata solo al turismo di massa, che porterà pure soldi ma non certo la qualità».

Il “no” agli alberghi” Residence oltre Badino
«Intanto, facendo un passo indietro, va ricordato che negli anni ‘60 Terracina ha detto no agli alberghi, a vantaggio delle seconde e terze case. Fu respinto un piano che ne prevedeva la costruzione di 90, e da allora, se fosse passato il “sì”, non è arduo ipotizzare che ne sarebbero stati realizzati chissà quanti altri potendo fare oggi concorrenza anche alla Riviera Adriatica. Tra la fine degli anni ‘60 e l’inizio degli anni ‘70, invece, grazie alla brillante intuizione del costruttore Felice Bianchi e alla matita magica dell’architetto Romano Paxuel, inizia lo sviluppo tra Porto Badino e Foce Sisto, zona sempre ritenuta off limits dai terracinesi. Anche qui, però, le scelte iniziali furono stravolte e così oggi abbiamo sì centinaia di ottimi residence ma senza un ordine preciso. E abbiamo anche molti campeggi…».

Le difficoltà odierne e la fedeltà ciociara
«Oggi? Oggi cerchiamo di sopravvivere e di adattarci ai mutati costumi, alla crisi, e di rimediare ai gravi errori del passato. La qualità, per le scelte dei decenni scorsi, si è abbassata notevolmente e la “clientela bene” è fuggita verso il Circeo, Sabaudia e Sperlonga. Sono tornati i “fagotti”, le “mappetelle”… Terracina è inondata da villeggianti, spesso “mordi e fuggi”, di Roma e Castelli, del Casertano, dell’entroterra e poi tanta, tantissima Ciociaria. Che non ci ha mai abbandonato, dai tempi dei camion di Zeppieri… I portafogli piangono e le vacanze si sono ridotte, concentrandosi soprattutto nel fine settimana.
Ci vorrebbero gli alberghi, ma in passato li hanno bocciati!»

di Danilo Del Greco
L’articolo è tratto da Qui Magazine del 15 luglio 2012 

 

La foto ritrae alcuni bagnini storici di Terracina che con carisma, personalità e coraggio svolsero dal 1948 alla fine degli anni 70 la loro missione, interpreti più veri del turismo balneare della città.

I loro interventi di salvataggio dei bagnanti, la maniera colorita di apostrofare tutti, a distanza di decenni ancora si narrano.

Voglio ricordarli come noi ragazzi li chiamavamo: zio Alberto, zio Angelo, zio Luigi, zio Silviano, zio Erasmo, zio Crimaldi con il figlio Giuseppe,  uno dei pochi  bagnini italiani  decorato con Medaglia d’Oro al Valor Civile per i tanti salvataggi compiuti.

 

Franco Semente

 

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