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Roma. “Il pallone sgonfiato, capitolo II”

scritto da Redazione
Roma. “Il pallone sgonfiato, capitolo II”

Italia: che calcio viviamo? Un brutto calcio. La Nazionale è reduce da due clamorosi fallimenti Mondiali: Sudafrica 2010 con Marcello Lippi ct e Brasile 2014 con padre Cesare Prandelli commissario tecnico. Le nostre squadre di club non superano i quarti di finale della Champions League da ben quattro anni. Non vinciamo l’Europa League da quando questa competizione si chiamava ancora Coppa Uefa, l’ultimo trionfo è targato Parma e risale al 1999. L’Under 21 non conquista un Europeo di categoria dal 2004.
Tanti, veramente tanti, tantissimi, i problemi da risolvere per tornare in auge. Ad esempio, la Serie A è ultima in Europa per produzione di giocatori. In particolare, è sulla fase di passaggio dal livello giovanile a quello pro’, che perdiamo più talento rispetto ai principali campionati europei. Perché? Perché in Italia questa fase è gestita con una rete di prestiti che rallenta lo sviluppo tecnico. Ad esempio, della Nazionale Under 19 finalista a Euro 2008, solo tre degli undici calciatori scesi in campo oggi sono titolari in A. Nessuna sorpresa; visto che la politica delle squadre del massimo campionato de noantri è quella di utilizzare in buona parte calciatori over 30. E l’Italia, rispetto al resto d’Europa, è prima in questa speciale e triste classifica. C’è poco da fare, ad oggi il calcio italiano svetta soltanto nelle graduatorie negative.
L’impatto degli stranieri sulla Serie A. L’aspetto paradossale è che il nostro è uno dei campionati con le norme più restrittive per il tesseramento degli extracomunitari. Nonostante tutto, di stranieri ne arrivano troppi e parecchi di loro sono anche scarsi. Altro dato che deve far riflettere: 10 club su 20 hanno avuto più minuti di gioco disputati da giocatori esteri che italiani.
Dopo questo doveroso incipit, apriamo il Capitolo II de “Il Pallone Gonfiato”: la nostra inchiesta sulla certificazione del totale fallimento del calcio italiano. Un fallimento in tema di scelte tecniche e aziendali, condito dallo sperpero di risorse enormi in un calciomercato ultimamente sempre più fine a se stesso. Il mondo della pedata in salsa tricolore è schiavo della “finanziarizzazione”. Insomma, è clamoroso: negli anni del boom dei diritti tv, l’Italia del calcio anziché accelerare arretra. Il “Pallone Gonfiato” specchio del Paese. Ruberie e crisi totale. L’altra faccia della medaglia però recita: quello relativo ai diritti tv (lo abbiamo scritto più volte), è l’unico introito di livello per i club italiani che non sanno (o non possono) investire su merchandising e stadi. La contraffazione (impunita) penalizza i marchi originali, mentre gli stadi sono da “Terzo Mondo”.
Per tutti questi motivi, è tramontato il mecenatismo all’italiana. Addio “ricchi scemi”. Quando c’erano i “ricchi scemi” o comunque quando c’erano i soldi, la Serie A era il campionato più bello del mondo. Da Maradona a Zidane, tutti i grandi del calcio sono passati per la Serie A. In 15 anni, il nostro campionato è diventato il più brutto d’Europa. Vi piacevano di più le partite degli anni ‘90 e dei primi 2000, o vi piacciono di più quelle di adesso? Risposta facile.
Intanto, nel resto del “Vecchio Continente” spopolano i nuovi “Paperon de’ Paperoni”: dal miliardario russo Abramovich (Chelsea) allo sceicco del Quatar Al-Khelaifi (PSG), passando per lo sceicco arabo Mansour (Manchester City, avversario della Roma in Champions). Purtroppo i mecenati esteri preferiscono non investire nel calcio del Belpaese; un calcio strangolato da burocrazia, lacci e lacciuoli. Senza dimenticare che in Europa ci sono club capaci di incassare quasi un miliardo di euro in 10 anni dallo sponsor tecnico: il Manchester United. Real Madrid e Barcellona hanno soci, tifosi, merchandising e banche alle spalle. Livelli proibitivi per noi tapini italiani.
Tirando le somme di questa vergogna tricolore, possiamo ribadire quanto segue: Il prodotto Serie A si è andato via via impoverendo proprio nella sua fase di espansione economica. Pazzesco. Il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato è chiaro: “Dalla stagione 1998-99 a quella 2012-2013, il calcio italiano ha accumulato un giro d’affari di 19 miliardi di euro! Tutti bruciati dalla spesa sportiva. Da allora a oggi: presidenti, dirigenti, calciatori, tecnici, manager e tutti gli altri addetti ai lavori hanno compiuto un autentico scempio. Un punto che abbiamo già evidenziato nel Capitolo I di questa inchiesta diVentonuovo e AssoTutela. Ancora Maritato: “Pensate, in pochi anni sono stati spesi ben 14 miliardi di euro per gli stipendi e 5 miliardi per gli ammortamenti, ovvero: il costo dell’acquisto dei giocatori spalmato su più stagioni”.
Il confronto con Bundesliga tedesca e Liga spagnola pertanto è impietoso: in Germania e in Spagna, a parità (circa) di entrate rispetto a noi, i competitor non hanno gettato i soldi alle ortiche. Bundes: 19 miliardi e mezzo incassati, 13 quelli spesi; 10 in costo del lavoro, 3 per i cartellini dei giocatori. Liga: 18 miliardi in cassa, 15 i miliardi spesi; 11 e 4. La Premier League inglese invece è un caso a parte perché incassa 31 miliardi spendendone 27, di cui: 20 in stipendi e 7 in ammortamenti.
Crack Italia. Il presidente di AssoTutela Michel Emi Maritato snocciola altri dati: “E’ semplicemente assurdo che la Serie A, pur registrando una crescita di fatturato pari al 112% (tra il 1998-99 e il 2012-2013), sia caduta così in basso in termini di qualità. I tanti soldi incassati non sono serviti per produrre utili. Basti pensare che nella stagione 1998-99 il bilancio della A aveva un saldo negativo di 11 milioni di euro; nell’annata 2012-13 è arrivato a toccare quota 202 milioni. Tutto ciò al netto del passaggio da 18 a 20 squadre. E’ una vergogna: non si è badato a spese”. Nello stesso periodo infatti gli stipendi della Serie A sono schizzati del 110%, passando da 28,4 a 59,7 milioni medi a club. E gli ammortamenti sono praticamente raddoppiati, 86%: da 12,3 a 22,8 milioni di euro in meno. Come se non bastasse, i tesserati professionisti in A sono letteralmente esplosi sempre tra il 1998-99 e il 2012-13: da 679 a 1127. Media: incremento del 50%, da 37,7 a 56,3 tesserati per società. Soldi vaporizzati per ingaggiare tanti illustri sconosciuti. Che bel rapporto: milioni buttati per ingaggiare un mare di “brocchi”. “Pallone Gonfiato” continua…Appuntamento al Capitolo III.

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