giovedì 28 Marzo 2024,

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Migranti, il governo delibera lo stato di emergenza per sei mesi

scritto da Redazione
Migranti, il governo delibera lo stato di emergenza per sei mesi

Si è conclusa la riunione del Consiglio dei ministri. Via libera del cdm, secondo quanto si apprende, al Documento di economia e finanza 2023. C’è stato inoltre il via libera, a quanto si apprende, da parte del Consiglio dei ministri, al disegno di legge sulle nuove sanzioni “in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici”. Il cdm, secondo quanto si apprende, ha approvato il disegno di legge capitali, che prevede una semplificazione delle norme per accedere alle quotazioni in borsa e alcune novità per le autorità di regolamentazione, per gli intermediari e l’educazione finanziaria. Su proposta del ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Nello Musumeci, il governo ha deliberato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale a seguito dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti attraverso le rotte del Mediterraneo.

Sei mesi

Lo stato di emergenza, sostenuto da un primo finanziamento di cinque milioni di euro, avrà la durata di sei mesi. “Abbiamo aderito volentieri alla richiesta del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ben consapevoli – ha detto Musumeci – della gravità di un fenomeno che registra un aumento del 300%. Sia chiaro, non si risolve il problema, la cui soluzione è legata solo ad un intervento consapevole e responsabile dell’Unione europea”.

Cos’è lo stato di emergenza

Affrontare con mezzi e poteri straordinari una calamità, dalle crisi umanitarie agli eventi naturali come terremoti o alluvioni. È questo l’obiettivo della dichiarazione dello “stato di emergenza”: un atto amministrativo regolato dal codice di Protezione civile che va deliberato dal Consiglio dei ministri su proposta del presidente del Consiglio, così come avvenuto in queste ore per l’eccezionale incremento dei flussi di migranti attraverso le rotte del Mediterraneo. Al momento in Italia sono in vigore circa una ventina di provvedimenti questo tipo, dall’emergenza dei profughi dell’Ucraina a diversi casi di alluvione, spesso decisi anche dopo la richiesta del presidente di una Regione o di una Provincia autonoma interessata. L’unico precedente in materia di migranti risale invece al 2011 con il governo Berlusconi e prevedeva un piano di equa distribuzione nelle regioni dei profughi provenienti dal Nordafrica, anche se all’epoca la legge prevedeva norme diverse. Lo stato d’emergenza nazionale è regolato dall’articolo 24 del Codice della Protezione civile sulla base di alcuni requisiti definiti nell’articolo 7: “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo”. Con la dichiarazione dello stato d’emergenza può essere nominato un commissario cui spetta il compito di realizzare gli interventi previsti dalla dichiarazione: il superamento dell’emergenza, la riduzione del rischio residuo, il ripristino dei servizi essenziali e l’assistenza alla popolazione. In questo caso si delinea quindi un nuovo assetto temporaneo di poteri, con deliberazioni non soggette al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. La delibera stabilisce inoltre uno stanziamento di risorse finanziarie da destinare agli interventi urgenti e da attingere nel Fondo per le emergenze nazionali, che può essere progressivamente incrementato nel corso della durata dello stato di emergenza. Il provvedimento può avere anche un rilievo solo locale o regionale. Quando è di tipo nazionale non supera i dodici mesi ed è prorogabile per altri dodici mesi al massimo: oltre questi tempi va varata una legge attraverso un passaggio parlamentare.

Il Def

“A fronte di una stima di deficit tendenziale per l’anno in corso pari al 4,35% del Pil, il mantenimento dell’obiettivo di deficit esistente (4,5%) permetterà di introdurre, con un provvedimento di prossima attuazione, un taglio dei contributi sociali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi medio-bassi di oltre 3 miliardi a valere sull’anno in corso”. Lo annuncia il Mef nel comunicato che fa seguito all’approvazione del Def in cdm. “Ciò sosterrà il potere d’acquisto delle famiglie” e allo stesso tempo, spiega il ministero, “contribuirà alla moderazione della crescita salariale” contro “una pericolosa spirale salari-prezzi”. Nello scenario tendenziale a legislazione vigente contenuto nel Def, il Pil è previsto crescere dello 0,9% nel 2023 (all’1% nel quadro programmatico). Lo fa sapere il Mef in una nota. Il Pil tendenziale per il 2024 è all’1,4% (1,5% programmatico) dell’1,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico). Lo fa sapere il Mef in una nota. Il dato relativo al 2023, si precisa, è rivisto al rialzo in confronto al Dpb di novembre, in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6%. Nel 2022 il rapporto debito/Pil è risultato pari al 144,4%, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del Dpb di novembre. Lo evidenzia il Mef nella nota sul Def approvato in cdm. “Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico – evidenzia il Mef – continuerà progressivamente nel 2023 al 142,1%, nel 2024 al 141,4, fino a raggiungere il 140,4% nel 2026. Tuttavia – precisa – non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il superbonus non avesse avuto gli impatti sui saldi finora registrati”. Il Def prevede un andamento discendente della pressione fiscale che dovrebbe passare dal 43,3 nel 2023 al 42,7% entro il 2026. Lo fa sapere il ministero dell’Economia e delle finanze in una nota dopo l’ok del cdm al Def 2023.

Le sanzioni

“Con il disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri intendiamo far pagare agli ecovandali i costi che fino ad oggi la collettività ha dovuto pagare per ripristinare lo stato dei luoghi”. Così il ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano, al termine del Consiglio dei ministri di oggi che ha approvato il disegno di legge da lui proposto “Disposizioni sanzionatorie in materia di distruzione, dispersione, deterioramento, deturpamento, imbrattamento e uso illecito di beni culturali o paesaggistici”. “Quando si colpisce un monumento – aggiunge il ministro – la facciata di un edificio, un sito archeologico, è chiaro che poi occorre sostenere dei costi molto elevati per ritornare allo status quo ante. Bisogna chiamare delle ditte specializzate, del personale molto specializzato e quindi fare delle operazioni costose”. “Con questo provvedimento, che stabilisce una sanzione amministrativa che verrà comminata dai prefetti, noi facciamo pagare ai responsabili di questo atto quel costo che prima invece gravava sulla collettività” conclude Sangiuliano. “Secondo i dati che mi sono stati forniti dalla Soprintendenza Speciale di Roma – aggiunge il ministro – il ripristino della facciata del Senato è costato 40.000 euro. Ebbene, chi danneggia deve pagare in prima persona. A seconda della gravità della fattispecie, si va da un minimo di 10.000 ad un massimo di 60.000 euro. Tali somme si aggiungono a quelle cui verranno eventualmente condannati a pagare i trasgressori in sede penale o civile. Si tratta, infatti, di sanzioni amministrative immediatamente irrogabili dal prefetto del luogo dove il fatto è commesso, sulla base delle denunce dei pubblici ufficiali”.

Fonte Ansa

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