venerdì 19 Aprile 2024,

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Latina. C’era una volta l’AGRO PONTINO… Ricominciamo dalla TERRA

scritto da Redazione
Latina. C’era una volta l’AGRO PONTINO… Ricominciamo dalla TERRA

C’era una volta la palude pontina, dove le rane e le zanzare la facevano da padrone e l’uomo solo in certi periodi dell’anno poteva pascolare il proprio bestiame pescare e cacciare, ci provarono in molti a bonificare, dai romani ai papi, ci riuscì finalmente solo quel governo nazionale del primo dopoguerra che attuò una politica di ruralizzazione e di espansione demografica che diede lavoro ad una gran massa di disoccupati.
Dai primi 600 operai dipendenti del consorzio di Piscinara, tutti provenienti dalla fascia Lepina, ai 1327 boscaioli e carbonai provenienti da Toscana e Abruzzo, agli spalatori terrazzieri e scariolanti , ma anche stallieri, autisti, ingegneri, geometri, scritturali, ragionieri e cassieri, con una presenza giornaliera che raggiunse le 15.500 unità nell’aprile del 1934. Provenivano per il 50% dal nord in particolare Veneto ed Emilia e per l’altra metà dal centro sud …. provenivano da oltre 57 province d’Italia.
Per l’appoderamento, tra il 1932 ed il 1939 mentre ancora procedevano i lavori di bonifica giungono nella pianura pontina 2953 famiglie di coloni, per un totale di 29.300 persone, di queste oltre la metà provengono dalle sette province venete, seguite da emiliani, friulani e marchigiani ma molti poderi, circa 400 furono assegnati ai coloni locali e laziali, questi ultimi trovarono tra l’altro ulteriori ampi spazi nei poderi delle “università agrarie” e dei grandi proprietari terrieri di allora.
Senza la bonifica e la colonizzazione dell’Agro Pontino, la maggior parte di noi oggi non sarebbe certo qui, questo per dirvi che siamo tutti figli della storia di questa terra, anche i panteschi, gli italiani d’africa, ed i molti agricoltori meridionali che sono arrivati dopo.
Questo breve pezzo di storia solo per ricordare, che l’Agro Pontino è nato con l’Agricoltura, e solo con l’agricoltura per lungo tempo è cresciuto ed ha “mantenuto” la sua gente.
I nostri agricoltori … all’inizio è stata veramente dura: la malaria, le colture imposte, la dura mezzadria a cui si era sottoposti, al punto da non averne neanche per mangiare, qualcuno di Voi si ricorderà il grano nascosto sotto la pula o i fagioli seminati in mezzo al granoturco
E quando finalmente si inizio a vedere i primi frutti del duro lavoro, arrivò la guerra, che, ricordiamolo fu vissuta anche dalle famiglie di coloni dell’Agro Pontino
Finita la guerra si dovette ricominciare, a partire dal riscatto dei poderi, perché anche questo bisogna dirlo non ci fu nessun regalo, tutto fu pagato ed al giusto prezzo.
Si iniziò cosi a camminare da soli, ad allargare le stalle, a coltivare barbabietole e poi cocomeri, ortaggi, fiori, funghi e realizzare serre …. fino ad arrivare ai vigneti da tavola dei panteschi, alle susine ed ai kiwi.
Ma l’agricoltura non cresceva da sola, infatti nel contempo boom industriale e cassa del mezzogiorno diedero vita a tante nuove occasioni di lavoro, e sin qui poco male, ma perché non si cercò da subito di sviluppare e mantenere un polo agroalimentare collegato alle nostre produzioni .
Sul piano urbanistico iniziò lo scempio, tra assi industriali e zone artigianali furono inferte profonde ferite sui nostri migliori terreni agricoli, ettari ed ettari coperti da asfalto e cemento, invece di realizzare fabbriche ed infrastrutture nelle terre bianche, dove a malapena crescevano le “code di volpe”. E dopo il danno arrivò la beffa, i terreni rubati per industrie che in molti casi non ci sono più. Due esempi tanto per capirci: Mira Lanza e Massey Ferguson, monumenti che dovrebbero servire da monito, o meglio che dovrebbero far riflettere sulla possibilità di restituire la “terra espropriata” a quell’attività per cui era stata strappata alle paludi: l’agricoltura.
Altra elemento negativo che va sempre di più ad assottigliare il terreno destinato alle colture agricole è la dissennata politica residenziale, spinta sopra ogni limite, come se i mattoni fossero la principale attività economica del nostro comprensorio, e che invece serve solo a far arrivare altra popolazione in una terra, la nostra terra, che deve continuare ad essere accogliente e solidale, ma che non riesce più a dare lavoro e sussistenza neanche a chi la bonificata e colonizzata.
E poi arriva la Comunità Europea, sulla cui istituzione siamo stati tutti d’accordo, ma per troppo tempo nel nostro paese si sono ottenuti i benefici richiesti per le nostre industrie cedendo pezzi della nostra agricoltura.
È mancato chi sapesse dare equilibrio alle reali esigenze del paese, o meglio qualcuno c’era che aveva capito, ma furono elegantemente destinati ad altro incarico, mi riferisco per esempio al Ministro dell’Agricoltura per eccellenza Giovanni Marcora oppure più recentemente a Luca Zaia.
Tutti i giorni se guardate la TV vi sono trasmissioni dedicate ai nostri vini, olii, salumi, formaggi, carni ….. per non parlare dei piatti della nostra incomparabile cucina, peccato però che non venga conseguentemente presa in giusta considerazione la provenienza delle materie prime.
Uno dei problemi più diffusi in Agricoltura è la difesa delle nostre produzioni agricole, dall’invasione asiatica, nord africana, americana, ed in taluni casi anche europea. Dalla Cina, oltre alla classica “Pummarola”, sono arrivati ultimamente asparagi precotti e mele, dal nord africa molta ortofrutta, paesi dove si produce infrangendo le regole civili più elementari, e spesso utilizzando fitofarmaci proibiti nel nostro paese perché dannosi per la salute.
Diventa oltremodo importante seguire l’esempio americano dei “dazi”, specificare la tracciabilità più dettagliata dei prodotti agricoli ed effettuare un più sistematico controllo sanitario sugli stessi. Per chiudere il cerchio occorre quindi combattere nel nostro paese, chi, per mero interesse personale spaccia per prodotti nazionali merce che proviene dall’estero; del resto è sintomatico che una montagna di prodotti agricoli esteri arrivino via mare…
Spesso tali situazioni contribuiscono tra l’altro (unitamente alle filiere commerciali ) ad abbattere i prezzi pagati al produttore, incredibile l’ampiezza della forbice tra il prezzo alla produzione e quello al consumo, o al prezzo pagato per alcuni prodotti base rispetto al prodotto finito: Grano/Pane – Uva/Vino – Latte/Formaggi.
Ma guardiamo cosa è successo in Agro Pontino:
qualcuno decise di togliere lo zuccherificio, (addio settore bieticolo), al suo posto nasce una struttura che potrebbe effettivamente costituire la logistica  destinata al comparto agricolo, capace di far arrivare i prodotti freschi nei principali mercati del paese o europei, pensate con quale ricaduta positiva sul territorio … Dal fallimento della Rossi Sud è nato un polo fieristico, che potrebbe rappresentare un palcoscenico nazionale per il mondo agricolo Pontino, occorre ovviamente lavorarci su …
Non va meglio per i nostri prodotti, vogliamo riderci un po’ su, magari a denti stretti: il famoso carciofo di Sezze che dobbiamo chiamare “Romano”, la nostra mozzarella di Bufala che per essere commercializzata quale prodotto DOP deve essere venduta quale Mozzarella di Bufala Campana, il nostro Kiwi IGP che quale logo ha il Colosseo, ed ancora il nostro Fiordilatte Pontino (inventato da “Pasquale Pettinicchio”, per il quale il relativo marchio DOP  è di fatto lettera morta
E quale ciliegina sulla torta è arrivata (ndr. nel 2007), la zonizzazione regionale per la distribuzione dei finanziamenti comunitari in Agricoltura (PSR) riferiti al 2007/2013, che ha classificato l’intero territorio del Comune di Latina Zona  Urbana, unico tra i 33 comuni che compongono la Provincia di Latina, penalizzando i nostri agricoltori non solo per l’assegnazione di eventuali finanziamenti comunitari, ma anche per gli oneri da versare per il personale dipendente.
Un po’ di dati per meglio conoscere i nostri agricoltori che qualcuno ha voluto classificare di serie “B”:
circa 2700 aziende che dispongono in media di 3,7 ha,  di cui sottoposte a coltivazione circa 3.2 ha, condotte per circa il 90% da imprese individuali utilizzando manodopera familiare. L’età media è relativamente alta, anche se le misure di legge nazionali per l’incentivazione dell’imprenditoria giovanile hanno, negli ultimi anni, favorito l’attivazione di nuove imprese composte da under 40. Bassa la percentuale delle aziende che lavorano i propri prodotti, che commercializzano in forma diretta e che praticano culture biologiche, mentre è abbastanza buono il livello di meccanizzazione.
Per quanto concerne gli allevamenti si è verificata negli ultimi anni una diminuzione consistente di capi e aziende, tranne che per il comparto dei Bufalini, trainati dal mercato della mozzarella di bufala e dalla possibilità di incrementare il numero dei capi senza badare a quote comunitarie.
Il territorio con destinazione rurale è pari all’80% dell’intero suolo comunale.
Le colture più praticate in rapporto con le superfici sono quelle foraggere, seguite dai cereali, frutteti, vite, ortaggi e florovivaismo 3,6. Si è registrato negli ultimi anni un incremento dei frutteti e delle coltivazioni in serra.
Senza scendere troppo nel dettaglio delle produzioni, negli ultimi anni la punta trainante è stato il Kiwi che nel 2004 ha ricevuto il marchio IGT, rimane un po’ al palo la Susina e le numerose produzioni orticole per le quali spesso non vi è una pianificazione produttiva, mentre nel settore Vitivinicolo  con i riconoscimenti DOC e IGT, si sono registrati alcuni passi in avanti, per merito di due ottime cantine del comprensorio. Un buon risultato si sta ottenendo nel lattiero caseario con la mozzarella di Bufala, ma per questa tipologia di allevamento rimane il problema della commercializzazione delle carni, per il latte vaccino e l’allevamento bovino tradizionale vi è un consistente calo, con l’effetto negativo per il nostro territorio della cessione di quote latte fuori provincia. La filiera cerealicola in particolare del mais è destinata ad incrementarsi per l’aumento del prezzo base registrato nel corso degli ultimi anni ed in prospettiva legata allo sviluppo dei Biocarburanti, mentre il florovivaismo rappresenta sempre di più una grande risorsa per il nostro comprensorio, in considerazione tra l’altro del clima favorevole, ma con il grosso handicap della concorrenza asiatica.
Occorre infine sottolineare che la vendita dei prodotti agricoli avviene a società esterne per il 65%, a strutture cooperative per il 25%, ed in forma diretta dalle stesse aziende per il solo 10% .
Pochissime le realtà agrituristiche sul nostro territorio, il che la dice lunga sull’evoluzione dell’impresa agricola verso la sponda turistica.
Chi continua ancora oggi a fare l’agricoltore con impegno e sacrificio, non merita forse considerazione e rispetto da parte di tutti …. Chi oggi continua a scegliere l’agricoltura quale attività principale o complementare merita di essere sistematicamente difeso ed aiutato a portare avanti il suo progetto.
Sono i contadini che svolgendo correttamente il loro lavoro mantengono il giusto decoro e qualità dell’ambiente che lo circonda, sono loro ad essere i primi ecologisti,a fare in modo che sulle nostre tavole arrivino prodotti sani e genuini.
Abbiamo la fortuna, nel nostro territorio, di avere un’agricoltura intorno a noi ancora viva, pulita ed autentica, vediamo di non ucciderla, di non farla sparire.
I nostri agricoltori, la professionalità se la sono costruita di generazione in generazione, tramandandosi le esperienze, “leggendo ogni giorno la propria terra”, essi costituiscono un patrimonio della Comunità Pontina, che va rispettato difeso e valorizzato, un patrimonio che non possiamo permetterci di perdere.

Associazione Veneti nel Lazio
 “Gruppo dell’Agro Pontino”
Il Presidente
(Panzarini Alberto)

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