martedì 16 Aprile 2024,

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Tutto Renzi

scritto da Redazione
Tutto Renzi

Le tasse sulla prima casa nel 2014 sono costate in media 204 euro a proprietario, per un totale di 3,5 miliardi di euro, pagati da circa 17,2 milioni di contribuenti. Secondo i dati contenuti nell’ultimo rapporto dell’Agenzia delle entrate e del Dipartimento delle finanze, il 76,6% delle famiglie vive in una casa di proprietà; tuttavia solo una parte deve versare le tasse sugli immobili in cui abita, grazie alle agevolazioni fiscali. L’intervento annunciato dal presidente del Consiglio, Matteo Renzi, dovrebbe quindi consentire ai proprietari di prima casa un risparmio, in media, di oltre 200 euro. L’esecutivo dovrà però trovare le risorse sufficienti per mantenere la parola, e introdurre gli sconti a partire dal prossimo anno.


Sul fronte sindacale, per il segretario confederale della Uil, Guglielmo Loy, “quello che conta è il risultato finale“. L’ipotesi di Renzi, ha spiegato Loy in una nota, costa circa 3,8 miliardi di euro. Un intervento sui tributi che gravano sull’abitazione principale per 25 milioni di famiglie proprietarie di prima casa, secondo la Uil, significherebbe un risparmio medio di 189 euro, con punte di risparmio di 403 euro a Torino, 391 euro a Roma, 456 Siena, 346 Firenze e 345 euro Genova. Per il sindacato, “ogni taglio delle imposte va bene, ma non vorremmo, com’è successo, purtroppo, negli anni scorsi, che, in assenza di risorse certe dei Comuni, la pressione fiscale ‘locale’, invece di diminuire, aumenti“.


Più che copernicana quella annunciata dal premier Matteo Renzi è una ‘rivoluzione berlusconiana’: Renzi non finisce mai di stupire per la sua indubbia capacità di far passare per nuovo qualcosa che è vecchio o già sentito“, ha commentato da parte sua il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, per il quale “le promesse, perché è solo di questo che si tratta, lanciate soprattutto in materia fiscale, ricordano molto i programmi elettorali del Pdl di Silvio Berlusconi, tant’è che adesso persino gli anziani sono entrati nella sfera di interesse del rottamatore”.
Sappiamo già cosa ha prodotto il ‘riformificio Renzi’: il Jobs Act che in realtà serviva solo a cancellare tutele e a rendere più insicuro il lavoro, tant’è che ha ottenuto il plauso dei falchi della Ue; una presunta riforma della scuola che serve solo a coprire una sanzione europea; una riforma istituzionale che riduce gli spazi di espressione e di rappresentanza politica per i cittadini. Ci auguriamo davvero che almeno in materia fiscale non vengano commessi altri disastri e che venga fatta giustizia con l’introduzione del quoziente familiare“.


Via l’imposta sulla prima casa nel 2016, poi taglio alle ulteriori imposte sul lavoro nel 2017 e rimodulazione dello scaglione nel 2018“. E’ l’annuncio del premier, Matteo Renzi, che ha parlato di fisco sabato all’Assemblea del Pd. “Se siamo nelle condizioni di far calare la curva del debito, con un po’ meno intensità rispetto a quella che vorrebbe il fiscal compact, e spendiamo 20 mld in investimenti su progetti utili e fermi da anni, se facciamo le riforme potremmo intervenire con una sforbiciata alle asse nel 2016 per proseguire nel 2017 e 2018“, ha detto.
Immediati i commenti delle parti sociali. “L’impegno del governo a ridurre le tasse dal prossimo anno è una mossa che va nella giusta direzione per trasformare timidi e alterni segnali di ripresa in una crescita più robusta“, ha affermato il presidente di Confcommercio e di Rete Imprese Italia, Carlo Sangalli.
La prima azione da compiere – ha evidenziato Sangalli – resta, comunque, la cancellazione delle clausole di salvaguardia e dopo si potrà procedere alla riduzione della pressione fiscale. E’ la scommessa che da tempo chiediamo al governo per fare in modo che famiglie e imprese possano tornare a consumare e investire. E per farlo la via è obbligata: ridurre la spesa improduttiva“.
Non sarebbe la prima volta, che un premier si impegna ad eliminare la tassa sulla casa di abitazione. Abolita dal governo Prodi (2006-2008), ma solo per i redditi più bassi, eliminare del tutto il tributo è diventato il cavallo di battaglia di Silvio Berlusconi della campagna elettorale, che l’ha portato alla vittoria nel 2008. Nel 2012, con il governo Monti, l’imposta torna di nuovo, con il nome di Imu, che negli anni successivi subisce ulteriori modifiche. Le novità sugli sconti fiscali che dovrebbero interessare la prima casa si inseriscono in un contesto più generale, di correzioni in arrivo con la legge di stabilità 2016, sugli “aspetti di maggiore criticità” delle tasse sugli immobili, annunciati dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. Il governo, infatti, si è già impegnato a “riformare la tassazione immobiliare con l’introduzione della local tax, che sarà definita nella prossima legge di stabilità“.
Nel rapporto del Mef vengono messi a confronto i diversi sistemi di tassazione degli immobili, presenti nei maggiori paesi europei, da cui emerge che “in Italia l’incidenza delle imposte immobiliari sul totale delle entrate tributarie, anche tenendo conto dell’introduzione dell’Imu, è relativamente bassa” nel 2012 (anno in cui è stato reintrodotto il prelievo sulla prima casa). Nel rapporto si ricorda, inoltre, che ”la tassazione dei beni immobili piuttosto che dei beni mobili favorisce la mobilità di capitale e lavoro”.

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