giovedì 18 Aprile 2024,

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Terracina. Ecco cosa c’è sotto l’area di quello scandalo chiamato ascensore

scritto da Redazione
Terracina. Ecco cosa c’è sotto l’area di quello scandalo chiamato ascensore
Durante i sondaggi preliminari prescritti dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio guidata da Saverio Urciuoli per la realizzazione di adeguamenti tecnici nell’area del distributore di carburante Agip in via Roma, la principale arteria cittadina, sono affiorati importanti resti monumentali di Terracina romana. Gli scavi, seguiti da Nicoletta Cassieri e seguiti in cantiere da Pier Carlo Innico, hanno inizialmente riportato alla luce, a circa tre metri di profondità, un tracciato stradale, o uno slargo, a servizio di questo settore, realizzato in basoli di calcare e orientato in senso nord sud. Tale lastricato è fiancheggiato su un lato da una muratura risalente alla piena età imperiale, mentre a una quota più elevata si sono osservate alcune interventi medioevali. Un secondo saggio praticato più a nord, in prossimità del muro di contenimento della Rampa Braschi (via Posterula), ha evidenziato altri resti del complesso termale, le cd. “Terme di Via Roma”, già individuato in precedenti indagini svolte nell’anno 2000, nel corso delle quali fu rinvenuta, all’interno del frigidarium, ossia l’ambiente per i bagni in acqua fredda, la statua di una divinità giovanile identificabile con Giove Anxur, finora la prima rappresentazione in marmo di questo dio che a Terracina godeva di particolare devozione. Il nuovo scavo ha permesso di far emergere parte di una seconda, grande sala adibita stavolta al bagno caldo (caldarium) in eccellente stato di conservazione, composta da due parti: la prima, che prosegue al di sotto della rampa di Posterula è lastricata con marmi che poggiano su un sistema di sospensurae per il riscaldamento dell’ambiente; la seconda è una vasca per immersione della quale al momento è stato accertato l’angolo nord-est. Il manufatto è contornato da tre gradini per la discesa e la seduta nell’acqua interamente foderati di lastre di marmo che rivestono anche il fondo situato a tre metri di profondità. Qui è stata rinvenuta una statua marmorea di Diana, parzialmente mutila agli arti e priva della testa, databile nel I-II sec.d.C. La dea, dalle forme salde e giovanili, è rappresentata nella iconografia consueta di cacciatrice, vestita con corto chitone, mantello arrotolato intorno ai fianchi e faretra per le frecce sul dorso. È molto probabile che anche questa scultura trovasse collocazione in una delle nicchie che si aprivano nelle pareti dell’ambiente. La profusione dei pregevoli marmi policromi provenienti da diverse regioni dell’Impero e la ricca decorazione confermano il grado di benessere raggiunto dalla città grazie anche al ruolo rilevante del suo porto nel bacino del Mediterraneo. Il complesso, in parte realizzato nell’ultima fase con materiali di reimpiego, potrebbe identificarsi con l’edificio termale danneggiato da un incendio e restaurato alla fine del IV secolo (372-375 d.C.) da Aviano Vindiciano, consolare della Campania di alto rango, come ci documentano preziose iscrizioni terracinesi. A est di questo ambiente sono state rinvenute una serie di strutture tardo antiche e medioevali pertinenti a una chiesa successivamente impostata nel sito al di sopra delle murature romane. Con la continuazione dei lavori si spera di poter arrivare a definire le dimensioni e l’organizzazione funzionale sia dell’impianto termale sia dell’assetto di questo quartiere di “Terracina bassa” nella quale la struttura era inserito. Il ritrovamento, oltre a restituire un importante tassello per la conoscenza storica e topografica locale, offre spunti interessanti sul tema della tutela dello straordinario sottosuolo archeologico di Terracina che ogni volta ci sorprende per la consistenza e l’estensione delle testimonianze malgrado l’ininterrotta continuità di vita della città attraverso i millenni.
Patrizia Valenza

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