venerdì 29 Marzo 2024,

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Medici. Aziendalizzazione affossa ospedali

scritto da Redazione
Medici. Aziendalizzazione affossa ospedali

L’ospedale è un luogo di lavoro con sempre meno prospettive: non lo governano i medici né il merito, ma i manager e la politica. Le riforme della sanità sono fallite perché, lungi dal cooptare medici nella gestione, hanno generato direttori generali “monocratici”. Sono le due “sassate” che lanciano gli intervistati nel sondaggio di Swg per Anaao Assomed – COME RIPORTA STAMANI IN HOME PAGE DOCTOR 33 – “il lavoro dei medici ospedalieri– criticità e prospettive”, presentato ieri a Roma. Non che il Ssn sia stato scelta sbagliata: lo vuole l’83% degli intervistati. Ma il modello non va: il 68% dei rispondenti si sente stanco, il 58% economicamente scontento, il 48% emotivamente sfinito, uno su due trova peggiorata la qualità dei servizi. E se per due terzi la qualità complessiva erogata “è buona”, uno su tre ritiene che il Ssn funzioni ormai peggio degli altri paesi. Il medico è scontento (77%) per la carriera che non progredisce e la busta paga che non cresce (75%) con i contratti bloccati da quattro anni. Tre quarti degli intervistati (sindacalizzati al 78%) vorrebbero rivedere il ruolo giuridico del medico nella Pubblica amministrazione. Non mancano suggerimenti come arginare i sovraccarichi in pronto soccorso e i tagli all’assistenza con visite ambulatoriali pagate anche da fondi integrativi. «Ci aspettavamo simili dati, e pure il ritorno di fiamma della questione retributiva», dice il segretario Anaao Costantino Troise. «Alcuni intervistati pur sfiancati dai carichi accetterebbero di lavorare di più per portare a casa in intramoenia i soldi negati dai mancati incrementi contrattuali; del resto una volta c’erano incentivi. Oggi il medico, comunque costretto a fare di più, dice: almeno pagatemi». Ma la ricerca di un ruolo giuridico differente dal resto dei dipendenti Pa non sembra una richiesta di rifugiarsi in una cittadella “dorata”? «Al contrario, vogliamo interessarci della gestione del sistema. Nel calderone in cui si trova, il medico non è che una voce gestita da altri, spesso considerata un costo da tagliare. Le sue competenze gestionali sono sminuite e lo è di conseguenza la sua capacità, pur oggettiva, di contenere i costi del sistema. Ma così non si va da nessuna parte». Ma che può fare un sindacato di medici dipendenti se in tutta Europa salta la sanità pubblica? In Italia si tagliano reparti, ma in Spagna si tagliano ospedali e le strutture private superano le pubbliche (sono ormai il 55%). «L’Italia non è la Spagna. Qui abbiamo già un sistema misto, ma ci sono corpi professionali che tengono alla sanità pubblica e c’è il diritto alla salute nella Costituzione. Abbiamo fondamentali “saldi”. Ma assistiamo a tagli di prestazioni e deospedalizzazioni precoci. Al Sud si taglia in nome del pareggio di bilancio con criteri che, validi altrove, diventano insostenibili in assenza di infrastrutture, di alternative per i pazienti, adeguamenti tecnologici. Difficile dire quanto durerà, ma se usciremo dalla deriva economicistica sarà merito di quelle forze corporative che avranno convinto la politica a dialogare con la gente».

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