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Covid-19 e altri virus, Assessore Pulcini: le epidemie sono la conseguenza della distruzione degli ecosistemi

scritto da Redazione
Covid-19 e altri virus, Assessore Pulcini: le epidemie sono la conseguenza della distruzione degli ecosistemi

Dario Pulcini, Assessore alle Politiche Ambientali del V Municipio, ha voluto fare il punto della situazione sul coronavirus, tracciando un quadro più completo che prevede anche le cause che hanno portato all’espandersi dell’epidemia. Pulcini si è interrogato sulle origini del covid-19, facendo anche un’analisi su come i cambiamenti ambientali abbiano già influenzato in passato (e come continueranno a farlo se non si modificherà il sistema) lo svilupparsi in maniera capillare di nuovi virus.

Parallelamente alla questione “inquinamento” e a ciò che sta comportando a livello globale (in base al position paper della Società Italiana di Medicina Ambientale le polveri sottili fanno da carrier al diffondersi, con maggior velocità, di batteri e virus), sempre per quanto concerne le tematiche ambientali, Pulcini ha voluto far luce su un altro aspetto che ha inciso sul diffondersi del virus: l’impatto dell’uomo sull’ecosistema. Pulcini ha quindi dichiarato: “Sappiamo che l’inquinamento e, in particolare le polveri sottili, giocano un ruolo decisivo nel veicolare e diffondere i virus, ma sempre osservando la natura possiamo trovare anche l’origine dello scoppio delle epidemie. È infatti opportuno, prima di tutto, ricordare come sono nate le principali malattie emergenti come l’Ebola, l’Hiv, la SARS, influenza suina e il nuovo coronavirus. Per farlo, consiglio di leggere quanto è stato riportato negli ultimi giorni nella relazione del WWF, a cura di Isabella Pratesi, dal titolo “Pandemie, l’effetto boomerang della distruzione degli ecosistemi”. L’Assessore ha infatti citato e abbracciato la tesi espressa nel rapporto del WWF secondo la quale molti dei virus sono la conseguenza delle azioni esercitate dall’uomo sugli ecosistemi naturali. Azioni che possiamo riassumere in 4 step correlati e dipendenti: deforestazione; prelievo e traffico di specie; esistenza di mercati di animali dove quest’ultimi sono ammassati e vicini ad altri  animali di specie diversa; salto della specie ossia la trasmissione di organismi, batteri e virus fra animale e uomo nel processo chiamato “spillover” (vd zoonosi, ossia le malattie che si trasmettono da animale a uomo) e infine il passaggio da uomo a uomo.

Secondo quanto riportato nella relazione, molti dei virus prima citati sembrano essersi diffusi da alcuni mercati di metropoli asiatiche e africane dove avviene il commercio illegale e incontrollato di animali vivi, quali per esempio i pipistrelli che, considerate le loro caratteristiche biologiche, risultano, tra gli ordini di mammiferi, quelli con più “familiarità” con i virus, probabilmente a causa della spiccata socialità che li porta, per il riposo o il letargo, a concentrazioni elevatissime, o per la loro lunga storia evolutiva, che li ha portati a maturare con molti virus un legame di coabitazione coevolutiva o, infine, per la capacità di volare che li porta a diffondere e contrarre virus su aree molto estese. Lo stesso Covid-19, definitivamente ribattezzato dalla Commissione Internazionale per la Tassonomia dei Virus con il nome di SARS-CoV-2, sembra aver avuto origine nel grande mercato di animali di Wuhan, nella provincia cinese di Hubei, manifestandosi in modo palese nel dicembre 2019. In realtà il mercato di Wuhan pare non essere stata l’unica e primaria fonte del contagio che, come suggerito da uno studio dell’università Zhejiang di Hangzhoui, potrebbe anche essere avvenuta in altri luoghi.  Il virus sembra contenere, infatti, due ceppi chiamati Tipo I e Tipo II. Quest’ultimo, diventato predominante perché più contagioso, pare essere nato nel mercato di Wuhan, mentre il Tipo I non ha ancora un’origine chiara. Molti studiosi non escludono che il virus, prima di arrivare all’uomo, sia passato attraverso un ospite intermedio, proprio come avvenne nel caso della MERS nel 2012. Ospite intermedio che potrebbe essere rappresentato da un altro animale, anche esso strappato dal suo habitat naturale.

Wuhan, la città cinese dalla quale è partito il contagio e ha registrato il numero più alto di persone colpite dal virus, accoglie un mercato che commercializza e macella in loco animali selvatici vivi di numerose specie.

La relazione del WWF, come sottolineato dall’Assessore alle Politiche Ambientali Dario Pulcini, non si ferma solo alla mera analisi della causa del coronavirus e di altre malattie passate, ma fa una previsione: le zoonosi di origine selvatica potrebbero rappresentare in futuro la più consistente minaccia per la salute della popolazione mondiale. Il 75% delle malattie umane fino ad oggi conosciute derivano da animali e il 60% delle malattie emergenti sono state trasmesse proprio da animali selvatici. In base ai dati riportati le zoonosi causano ogni anno circa un miliardo di casi di malattia e milioni di morti. L’impatto sulla sanità è quindi devastante dal momento che questi virus, spostandosi da un organismo all’altro, si “arricchiscono” di patogeni, mescolano il proprio patrimonio genetico con quello di altri virus presenti nell’ospite, si riproducono a spese della cellula che infetta e poi abbandonano l’ospite, ma con un corredo genetico diverso. L’infezione da nuovo coronavirus può causare sintomi lievi come raffreddore, mal di gola, tosse e febbre ma, come stiamo osservando, anche sintomi più severi quali polmonite, sindrome respiratoria acuta grave, insufficienza renale che hanno portato a circa 15mila decessi nel mondo al momento.

La caratteristica principale poi del SARS-CoV-2 è anche la maggiore contagiosità. La globalizzazione, con i crescenti spostamenti di persone e merci e l’impatto ecologico, si accompagnano a nuove malattie emergenti e all’insorgenza di vecchie malattie che si credevano sotto controllo che ora viaggiano più velocemente. L’ovvia conseguenza è che la globalizzazione renda di fatto immediata, a livello planetario, la diffusione di un patogeno altamente infettivo come il Coronavirus.

Non è solo il commercio di animali vivi strappati dal loro habitat naturale e trasportati in metropoli o in contesti urbanizzati a incidere sulla diffusione di questi virus che, come stiamo osservando, tendono a degenerare più velocemente in epidemie e, nel caso attuale, in una vera e propria pandemia. Un altro aspetto preoccupante messo in evidenza dal rapporto del WWF e, più volte in passato evidenziato e discusso pubblicamente dall’Assessore Pulcini, è l’impatto negativo dell’intervento dell’uomo sui vari territori. Come scritto nel testo di Pratesi: “Se da una parte la distruzione di habitat e di biodiversità crea condizioni favorevoli alla diffusione di malattie zoonotiche emergenti, dall’altra la creazione di habitat artificiali o più semplicemente di ambienti poveri di natura e con un’alta densità umana possono ulteriormente facilitarla. Le periferie degradate e senza verde di tante metropoli tropicali ad esempio sono la culla perfetta per malattie pericolose e per la trasmissione di zoonosi, mentre la diffusione di sistemi d’irrigazione, canalizzazioni e dighe, permette la riproduzione di pericolosi vettori come le zanzare”. Nel primo rapporto mondiale sullo stato degli ecosistemi del mondo pubblicato nel 2005, patrocinato dalle Nazioni Unite,  emergono alcuni casi esplicativi di quanto affermato fino ad ora. Giusto per fare qualche esempio, riportato nella relazione, sulle conseguenze negative e sulle controindicazioni dell’impatto dell’uomo sulla natura, in alcuni paesi tropicali la diffusione dell’agricoltura intensiva con strumenti per l’irrigazione (come dighe e canali) ha portato ad una maggiore diffusione della schistosomiasi; la deforestazione (altro problema spesso evidenziato dall’Assessore attraverso conferenze e convegni aperti alla cittadinanza promossi nel Municipio V) ha aumentato il rischio di malaria in Africa e in Sud America dato che sono stati sconvolti gli equilibri ecologici; la frammentazione dell’habitat in Nord America e la conseguente perdita di biodiversità hanno aumentato la presenza di un gruppo di batteri che causano la malattia di Lyme, trasmessa all’uomo tramite il morso di una zecca infetta. Per non parlare poi delle conseguenze negative sull’alimentazione che provocano alcune malattie diffuse agli uomini (per esempio l’utilizzo intensivo di farmaci nell’allevamento intensivo di bestiame ha portato alla comparsa di ceppi di Salmonella, Campylobacter e di Escherichia coli resistenti agli antibiotici).

Un altro problema spesso evidenziato dall’Assessore Pulcini è proprio quello legato alla continua e spesso non controllata e non sostenibile urbanizzazione. Secondo i dati dell’OMS, nel 2010 la popolazione urbana ha superato quella rurale, ma la crescita non pianificata delle città ha minato lo sviluppo sostenibile e, infatti, nel 2014 circa metà della popolazione era esposta a valori di inquinamento 2,5 volte maggiori di quelli indicati sempre dall’OMS anni prima. Sul sito si legge che per ogni 10% di aumento della popolazione urbana vi è un + 5,7% di emissioni di CO2 procapite e un + 9,6% di inquinamento da polveri sottili. Oltre a quelle che sono le conseguenze dell’urbanizzazione nella vita dei cittadini è bene anche ricordare cosa comporta fin dall’inizio questo processo: l’urbanizzazione incontrollata delle aree forestali è stata associata, per esempio, a virus trasmessi dalle zanzare in Amazzonia e alla filariosi linfatica in Africa. Come si legge nella relazione: ”Ad oggi abbiamo perso quasi la metà della superficie forestale che abbracciava e proteggeva il nostro pianeta. Secondo uno studio si stima che all’inizio della rivoluzione agricola vi fossero sulla Terra circa 6.000 miliardi di alberi, mentre oggi ne restano circa 3.000 miliardi. I cambiamenti di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali – come le foreste tropicali – sono considerati responsabili di almeno la metà delle zoonosi emergenti”.

Non solo, sempre nella relazione si legge: “I virus, soprattutto quelli il cui genoma è costituito da RNA, essendo facilmente soggetti a mutazioni, si adattano bene e velocemente alle nuove condizioni e a nuovi ospiti. La distruzione delle foreste può quindi esporre l’uomo a nuove forme di contatto con microbi e con specie selvatiche che li ospitano”.

Per riassumere, il cambiamento di uso del territorio, l’espansione di territori di caccia e la raccolta di carne di animali selvatici (bushmeat), oppure lo sviluppo di villaggi in territori prima selvaggi, hanno portato la popolazione umana a un contatto più stretto con nuovi virus, che essendo facilmente soggetti a mutazioni si adattano bene e velocemente a nuove condizioni e a nuovi ospiti, uomo incluso.

La recente decisione della Cina di vietare sul proprio territorio nazionale il commercio di animali vivi a scopo alimentare rappresenta una scelta di fondamentale importanza, ma ancora non sufficiente nonché una pratica ancora diffusa in alcuni contesti. Ancora una volta, l’uomo si trova a dover fronteggiare con colpevole ritardo una pandemia favorita e causata dalle sue stesse azioni che avrà costi enormi sia in termini di vite umane che a livello sociale ed economico.

Pulcini ha ribadito che le alterazioni che l’industrializzazione, il sistema economico lineare, l’urbanizzazione e la crescita demografica, hanno veicolato, non solo hanno cambiato il volto del mondo, ma hanno portato a consistenti alterazioni del suolo, del sottosuolo e, nel complesso, dell’habitat dove vivono tutti gli esseri viventi con conseguenze spesso irreversibili e drammatiche.

Tornando sul coronavirus l’Assessore del V Municipio ha detto: “Il filo conduttore che lega questo virus a tanti altri e l’uomo resta solo uno: l’ambiente. Lo stravolgimento degli equilibri in natura, la mancanza di tutela del sistema ecologico, la distruzione degli ecosistemi naturali ha portato e continuerà a portare danni incalcolabili per gli esseri umani. Parliamo infatti di problematiche economiche, sociali e soprattutto di conseguenze gravissime sulla salute dell’uomo e di tutti gli altri esseri viventi”.

Per invertire la tendenza bisogna entrare in un’ottica sistemica secondo la quale tutti gli habitat e le specie sono correlati e dipendenti l’una dall’altro. Il percorso auspicato dal WWF e da tanti ecologisti (compreso l’Assessore all’Ambiente) è il seguente: garantire il funzionamento naturale degli ecosistemi e la loro attenta gestione, per regolare le malattie, ostacolare la loro diffusione e ridurre così il loro impatto sulla salute umana. Pulcini, in “Comincio Io”, il piano di azione municipale sull’ambiente redatto dall’Assessorato che detta le linee guida da seguire per vivere in maniera ecosostenibile, ha scritto: “Tutto è interrelato, la vita è una trama meravigliosa e misteriosa dalle molteplici forme, interdipendente e complementare. Qualsiasi danno provocato ad ogni forma di vita si ripercuote su tutte le altre. Abbiamo il dovere, per noi e per le generazioni future, di tutelare l’ambiente al fine di tutelare la vita sul pianeta”.

L’obiettivo che si è posta l’Amministrazione 5 Stelle, fin dall’inizio del mandato, è quindi quello di sensibilizzare su queste tematiche il maggior numero di persone, offrendo anche modelli di vita alternativi e spunti di riflessione rivolti alla tutela dell’ambiente, oltre che azioni di rigenerazione e tutela delle aree verdi del territorio.

Pulcini ha infatti concluso affermando: “Spero che questo momento di difficoltà sia utilizzato dai cittadini per approfondire, per accertare le responsabilità, per far sì che il futuro del nostro paese e, più in generale del nostro pianeta, sia migliore del nostro passato, imparando dagli errori commessi.

La salute è un diritto costituzionale tra i più importanti ed è anche un diritto di tutti gli esseri viventi, che vanno quindi tutelati e protetti in ogni forma e modo. Per garantire questo diritto dobbiamo velocemente evolvere verso una versione sistemica della tutela dell’ambiente naturale”.

 

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